Cosa rende uniche le persone?
Nell'era dell'intelligenza artificiale siamo più che mai chiamati a definire il valore dell'essere umano.
È davvero molto probabile che l'elenco delle cose che l'AI è in grado di fare continuerà a crescere nei prossimi tempi molto rapidamente. Già oggi per la maggior parte delle attività che è possibile automatizzare c’è un tool (o similia) che riesce a compiere quell’attività meglio dell’80% delle persone.
Scrivere una poesia? Comporre una melodia? Analizzare un database molto complesso? Tradurre un testo? Ipotizzare che vincerà la prossima Champions League? Distinguere un prodotto integro da uno difettoso? Per essere buoni e ottimisti, su 10 persone solo 2 riescono ancora a farlo “meglio” dell’AI (poi dovremmo interrogarci sul significato di meglio) o di uno strumento tecnologico che utilizza l’intelligenza artificiale.
Per dirla chiaramente, l’elenco delle cose che l’AI riesce a fare meglio di noi cresce di giorno in giorno e all’opposto il numero di persone che riesce a mantenere standard qualitativi più elevati dell’AI decresce di giorno in giorno. Questi sono i fatti, inutile girarci troppo intorno.
In questo scenario viene naturale chiedersi quale sarà il ruolo delle persone nel futuro prossimo.
Un tempo, scienziati e filosofi confrontavano l’uomo con gli animali per identificare le caratteristiche evolutive che ci distinguevano per provare la nostra superiorità. Oggi il confronto è con le macchine e la dinamica si è invertita. Nella maggior parte dei casi è davvero evidente verificare quanto e come le macchine ci superino senza alcun dubbio (nessun essere umano può scrivere con la velocità e la fluidità di un'IA, per esempio). In altri rarissimi casi, manteniamo il predominio a causa della loro totale mancanza di buon senso (ma in fondo sono macchine e non uomini, o no?). In altri casi ancora, ci rendiamo conto di quanto siamo marcate le divergenze tra ragionamento artificiale e umano:
un'intelligenza artificiale non può innamorarsi, ma può esprimere concetti sull'amore;
non può essere un artista nel senso umano del termine, ma può creare una sorta di arte;
non può rendersi conto dell’importanza di una decisione, ma può comunque decidere.
Esistono differenze sostanziali tra una mente artificiale e una umana, ma definirle con precisione è difficile. E anche se a prima vista non sembra, non è un interrogativo di poca importanza.
Con la diffusione capillare dell'intelligenza artificiale, diventa sempre più importante evidenziare il valore umano. Volenti o nolenti siamo alle soglie di un mondo in cui tantissimi lavoratori di ogni settore - insegnanti, medici, scrittori, fotografi, avvocati, programmatori e molti altri - potrebbero essere sostituiti dai loro digital twin o comunque potrebbero vedere ridimensionato il loro ruolo poiché l’AI renderà le loro competenze irrilevanti.
Cosa accadrà quando l'AI prenderà il sopravvento?
Nel libro "AI Snake Oil: What Artificial Intelligence Can Do, What It Can't, and How to Tell the Difference", Arvind Narayanan e Sayash Kapoor affrontano la questione da un punto di vista molto pratico. Come prima cosa mettono in guardia contro l'uso generico del termine "Intelligenza Artificiale" che, come una maschera, è ambigua e può confondere sulle vere potenzialità della tecnologia. Usano una metafora per chiarire il concetto:
"Immaginate un mondo dove tutti i mezzi di trasporto sono chiamati 'veicoli'. In questo mondo, le discussioni sull'ecosostenibilità dei veicoli sarebbero poco chiare e quindi anche poco efficaci in quanto si farebbe confusione tra biciclette e camion senza alcuna distinzione."
Un fenomeno simile può rendere difficile comprendere le vere capacità delle diverse tecnologie AI. Per esempio invitano a prestare particolare attenzione all'AI predittiva, che già gioca un ruolo importante nelle nostre vite. Viene usata nei reparti HR per selezionare candidati e negli ospedali per gestire ricoveri e dimissioni. E nonostante la loro pervasività in ogni tipo di settore e processo, Narayanan e Kapoor sottolineano che queste applicazioni raramente passano attraverso valutazioni indipendenti, trasparenti e severe, infatti quando poi vengono testate spesso falliscono.
"Una buona previsione non equivale a una buona decisione"
Narayanan e Kapoor
Essere capaci di prendere decisioni implica non solo interrogarsi sulle origini delle proprie intuizioni, ma anche considerare come le decisioni prese potrebbero invalidare tali intuizioni. Non è detto che i candidati che si presentano a un colloquio di lavoro in videocall davanti a scaffali pieni di libri siano necessariamente i migliori, ma anche se fosse vero, se ci basassimo su questa presunzione non faremmo altre che insegnare ai prossimi candidati di posizionarsi strategicamente davanti agli scaffali di libri. Come esseri umani, riconosciamo la fallibilità del nostro pensiero, ed è questa una delle nostre forze.
Shannon Vallor, filosofa dell'Università di Edimburgo che ha lavorato come etica dell'AI in Google, non si limita a enumerare i fallimenti dell'intelligenza artificiale, ma mette in risalto le tante virtù umane. Nel suo libro "The AI Mirror: How to Reclaim Our Humanity in an Age of Machine Thinking", sostiene che sottovalutiamo enormemente le nostre capacità rispetto a quelle dell’AI:
"Considerate l'immagine che appare nello specchio del vostro bagno ogni mattina. Non è una copia del vostro corpo, né una sua imitazione: è solo un riflesso. Analogamente, i sistemi di intelligenza artificiale di oggi non producono pensieri o sentimenti più di quanto gli specchi producano corpi. Ciò che producono è un nuovo tipo di riflesso."
Vallor, che si specializza non solo nella filosofia della tecnologia ma anche nell'etica delle virtù, osserva che coltivare virtù come il coraggio, l'onestà, l'integrità, l'immaginazione, l'empatia e la curiosità richiede tempo. Essere virtuosi non è qualcosa che si ottiene una volta per tutte; è piuttosto un modo di navigare nel mondo, tenendo a mente priorità specifiche e ponendosi domande continue su ciò che si dovrebbe fare, come, con chi e perché.
"Questo processo è il cuore della filosofia esistenzialista.
In ogni momento dobbiamo scegliere di esistere in un modo specifico. Anche quando facciamo una scelta — amare un altro, assumerci un dovere, sostenere una causa, rifiutare o abbracciare una fede — quella scelta si riapre. Non resterà lì ferma e immutabile, ma aspetta che continueremo a sceglierla di nuovo, e ancora."
Secondo Vallor, nonostante l’intelligenza artificiale sia dotata di molte capacità, manca della capacità di essere virtuosa. Essere amorevoli è una virtù, e le persone possono trascorrere una vita intera cercando di amare meglio. Uno specchio non ha la profondità corporea che gli permette di soffrire. Così l’AI non conosce il passare del tempo che può essere sofferto.
In sostanza, l’intelligenza artificiale non è viva e, non avendo vita, non è e non può essere.
La nostra preoccupazione non deve quindi concentrarsi sulla possibilità le macchine artificialmente intelligenti possano prevalare sull’uomo e domininare l'umanità, ma che - di fronte a computer che possono simulare (molto bene) le virtù umane - la razza umana possa perdere la capacità di riconoscere e apprezzare le proprie virtù.
Consolati da un computer che ci dice di amarci, corriamo il rischio di dimenticre cosa sia il vero amore.
Stupiti da sistemi che con la loro potenza computazionale creano nuova creatività, potremmo perdere il rispetto verso la creatività umana, che da sempre è anche una forma di lotta per l'espressione personale che può richiedere una dolorosa reinvenzione di sé.
È evidente come tutto questo fenomeno all’interno del quale siamo immersi sia davvero molto complesso. La vita umana, come condizione esistenziale, è limitata dal tempo e dallo spazio, è mutevole, variabile, unica. Per questa ragione, forse dovremmo invertire l'approccio dei nostri ragionamenti sull'AI: ogni volta che una macchina intelligente sostituisce una persona in qualsiasi ruolo o attività dobbiamo chiederci “cosa stiamo perdendo?” Quello che stiamo perdendo è sacrificabile o dobbiamo, in qualche modo, nonostante tutto, tutelarlo e preservarlo?
Dobbiamo imparare ad accettare che la natura umana è e sarà sempre indispensabile, ma proprio per questo impegnarci attivamente per darle un senso e trovare sempre nuove motivazioni che rispondono con serenità e chiarezza alla domanda: cosa rende uniche le persone?