Digitale è Sociale
Non è vera innovazione digitale se non è anche (e soprattutto) innovazione sociale.
Come tante altre prima di questa, negli ultimi tempi stiamo vivendo la moda dell'innovazione digitale: tra esagerazioni, mistificazioni e sedicenti esperti, oggi tutto è Digital Innovation. In inglese è ancora più figo. Digital Innovation Manager. Chief Digital Innovator. E così via, di fuffa in fuffa.
Un'azienda mette online il nuovo sito web? Innovazione digitale. Lanciamo una campagna lead su Facebook? Innovazione digitale. Scarichi il menù della pizzeria con il QRcode? Una grande innovazione digitale.
Potrei andare avanti per ore provocando solo un forte senso di nausea ai coraggiosi che mi stanno leggendo. Ma non è questo il mio principale obiettivo, anche se devo ammettere che l'idea mi diverte parecchio 😃
L'innovazione digitale proviene dall'inglese Digital Trasformation e assume una vasta gamma di significati in base al contesto in cui ci troviamo. Possiamo infatti riferirci a precisi progressi tecnologici (la nascita del web, l'utilizzo intelligente dei Big Data, la realtà aumentata) oppure se allarghiamo il nostro sguardo possiamo, e forse dobbiamo, riferirci soprattutto a cambiamenti organizzativi, culturali, sociali, manageriali, creativi conseguenti a una migliore e più efficace applicazione della tecnologica digitale nella società umana.
In altre parole non si tratta semplicemente di utilizzare le tecnologie digitali, ma di immaginare nuovi servizi e beni volti al miglioramento della vita degli utenti che usufruiscono dei progressi conseguenti all'utilizzo del digitale.
Il digitale ci permette di guardare con nuovi occhi vecchi problemi irrisolti, vecchi processi poco produttivi, organizzazioni obsolete poco efficienti.
Sta qui la natura innovativa del digitale, nella sua capacità di rendere migliore e/o più semplice e/o meno complessa e/o più sostenibile la vita delle persone, sia come singoli e di conseguenza anche come collettività.
Prendiamo lo Smart Working. È indubbiamente uno strumento frutto del progresso tecnologico: computer più potenti, banda larga, diffusione dei servizi in cloud. Tuttavia è servita una grave pandemia per incentivarne la sua diffusione, convincere milioni di persone nella sua utilità, modificare stili di vita e organizzazione del lavoro.
E paradossalmente ancora c'è moltissimo da fare. Le città non sono state progettate per la diffusione dello Smart working, le nostre case sono state pensate per tutt'altro, l'organizzazione familiare non è pronta per uno Smart working costante e duraturo.
Semplificando: il progresso tecnologico ha creato le condizioni per lo smart working (innovazione digitale), il quale a sua volta sta incidendo sulla quotidianità di milioni di persone (innovazione sociale).
L'intelligenza artificiale, gli Open Data, l'agricoltura 4.0, le Smart Cities sono tutti esempi di potenziali innovazioni digitali, che lo saranno realmente solo quando diventeranno strumenti di innovazione sociale. Cioè quando riusciremo - tramite il digitale - a creare processi sostenibili, trasparenti, equi, produttivi. Quando riusciremo a creare valore sociale, economico, culturale per tutti.
Non è vera innovazione digitale se non è anche (e soprattutto) innovazione sociale.