Fin dalle epoche più remote, l'umanità ha utilizzato strumenti di varia natura per semplificare i propri compiti. Questa pratica non è esclusiva degli esseri umani: molti animali utilizzano utensili come bastoncini o sassi per raggiungere i propri scopi. Gli umani, tuttavia, hanno portato questa abilità a livelli estremi, creando strumenti sempre più sofisticati come la ruota, le pompe per l'acqua, le frecce, i forni, gli orologi, i motori a vapore e così via all’infinito.
Per non parlare dell'avvento del motore a scoppio e la scoperta dell'elettricità che hanno ulteriormente accelerato queste nostre capacità. Questo ci ha portato - come genere umano - alla realizzazione di macchine in grado di trasportarci via terra, mare e aria, e perfino di raggiungere la Luna.
Miti e leggende
Tuttavia, la sfida di costruire macchine che obbediscano ai nostri comandi non è nuova e affonda le sue radici nella mitologia, come evidenziato dal mito del Golem.
Si racconta che nel XVI secolo il rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga cominciò a creare golem (automi in forma di mostruosa figura umana, cui si poteva infondere la vita) per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell’argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola “verità” (in ebraico: תמא, mṯ). C’era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene: il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in “morto” (in ebraico תמ] met]); ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava. Ripreso il controllo della situazione, il mago decise di smettere di servirsi dei golem che nascose nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora oggi.
Chiarissimo il messaggio: meglio non abusare del potere degli esseri meccanici.
Nel 1207, Ad Al-Jazari documentò il primo progetto di un automa umanoide programmabile. Si trattava di una nave che ospitava quattro musicisti, progettata per galleggiare su un lago durante le feste di corte. Questo automa era dotato di una batteria di percussioni programmabile, azionata da pistoncini e camme che colpivano leve per creare ritmi variabili. Charles B. Fowler descrive questi automi come una vera e propria "banda musicale di robot", capaci di eseguire più di cinquanta movimenti facciali e del corpo durante le loro esibizioni musicali.
“I dettagli fanno la perfezione, e la perfezione non è un dettaglio.”
Leonardo Da Vinci
Anche Leonardo da Vinci, con il suo genio poliedrico, contribuì significativamente allo sviluppo degli automi. Intorno al 1495, nei suoi appunti del Codice Atlantico e in vari taccuini, troviamo disegni dettagliati di un cavaliere meccanico in armatura. Questo automa, progettato con una complessità ingegneristica straordinaria, era in grado di compiere azioni come alzarsi in piedi, agitare le braccia, e muovere testa e mascella.
L’età d’oro degli automi
Nel 1700, Pierre Jaquet-Droz, un inventore francese, e Henri Maillardet, suo contemporaneo, erano famosi per fare automi. Tra il 1770 e il 1773, Pierre e suo figlio Henri-Louis hanno realizzato tre automi speciali: uno che scrive, uno che disegna e uno che suona. Questi automi sono ancora funzionanti e si trovano in un museo a Neuchâtel, in Svizzera. Maillardet, che era svizzero, ha costruito un automa che sapeva disegnare quattro immagini e scrivere tre poesie. Questo è ora al Franklin Institute a Filadelfia. Un altro automa famoso è il Cigno d'argento, fatto da John Joseph Merlin, un inventore belga, nel 1773. Questo si trova ora al Bowes Museum.
Dal 1860 al 1910 è stato un periodo molto importante per gli automi, soprattutto a Parigi. Molte piccole aziende familiari facevano automi e li vendevano in tutto il mondo. Questi automi, compresi quelli che sembravano uccelli e potevano cantare, sono ora collezionati ovunque. Alcuni dei più famosi costruttori francesi erano Vichy, Roullet & Decamps, Lambert, Phalibois, Renou e Bontems.
Le 5 lezioni che ci portiamo a casa
L’innovazione è una costante nell’evoluzione umana: da sempre proviamo a superare i nostri limiti.
In equilibrio tra creazione e controllo: la storia del Golem è emblematica e ci serve da monito, anche quando usiamo ChatGPT.
Quant’è importante la creatività: grandi menti come quella di Leonardo da Vinci ci dimostrano come la creatività sia fondamentale per il progresso tecnologico. Ok le materie STEM, ma abbiamo bisogno anche di altro.
Impatto culturale: quando un automa, un chatbot o un robot diventano di uso comune hanno un impatto culturale enorme.
Responsabilità: non dimentichiamoci mai delle implicazioni etiche e delle responsabilità legate all'uso della tecnologia.