Il futuro del lavoro nella società digitale
Un ragionamento che avremmo dovuto fare vent'anni fa.
Lo abbiamo detto tante volte, il ritmo dell’innovazione tecnologica viaggia a una velocità molto superiore rispetto alle attuali istituzioni politiche e sociali. La scienza e la tecnologia ci regalano la possibilità di risolvere molti problemi, pensiamo ai tumori, all’inquinamento e a catene di sviluppo sostenibile. Tuttavia i processi in atto non sono, e non potranno mai essere, lineari. Ad ogni azione corrisponde sempre un rinculo, spesso anche più forte e deciso dell’azione stessa.
Le tecnologie digitali che si stanno diffondendo così capillarmente tendono certamente ad aumentare il valore marginale delle professioni altamente specializzate, sempre più richieste sul mercato del lavoro e quindi molto ben remunerate. Contemporaneamente però assistiamo alla diminuzione della redditività dei lavori meno qualificati, che possono vedere una diminuzione dei loro redditi, un peggioramento del loro tenore di vita - crisi della middle class? - e in alcuno casi andare incontro anche a disoccupazione cronica. Quando parliamo però di lavori meno qualificati non facciamo l’errore di pensare solo agli operai nelle catene di montaggio o ai custodi dei cantieri. La crisi riguarda anche i colletti bianchi, il vastissimo settore impiegatizio e - perché no? - il tanto ambito e osannato lavoro pubblico. Ma qui bisognerebbe aprire altri discorsi relativi alla produttività e all’effettiva necessità di alcune occupazioni.
Assistiamo quindi a un netto incremento di valore assoluto, il sistema cresce e si sviluppa, ma al suo interno vede una chiara disparità nella redistribuzione del reddito.
Come è facilmente intuibile ciò comporta una serie lunghissima di minacce e turbolenze sociali, fra cui la perdita di potere negoziale dei lavoratori (emblematica è la vicenda dei rider), l’eccessiva concentrazione di potere e ricchezza nelle mani dei proprietari delle piattaforme digitali, la fragilità del welfare state che fatica a interecettare e governare i cambiamenti in corso.
La società digitale non potrà prescindere da nuove politiche sociali in grado di garantire programmi di formazione continua ai lavoratori poco qualificati garantendo servizi sanitari e scolastici universali.
Il digitale ci pone davanti grandissime sfide, la prima delle quali è costringerci a ragionare in maniera controintuitiva: gli aspetti tecnici e scientifici della transizione tecnologica vanno per il momento ignorati o addirittura, anche se può sembra paradossale, rallentati. Dobbiamo invece concentrarci sulle politiche da attuare, sui cambiamenti sociali ed etici per creare quelle condizioni preliminari e propedeutiche che ci permettano di utilizzare al meglio le attuali possibilitù tecnologiche e far sì che questa transizione energetica e digitale sia equa, inclusiva e sostenibile.
Dobbiamo lavorare per armonizzare la natura umana, lo sviluppo tenconologico, le istituzioni e i processi organizzativi per raggiungere il benessere comune dell’umanità.