Il miglior edutainment è un libro
Nulla contro il digitale, ma attenzioni agli effetti distorsivi.
Sono certamente un Old-fashioned – come direbbe il mio progessore di inglese – ma sono abbastanza stufo dei bias confermativi che tendono a giustificare, più che a comprendere, i fenomeni in corso e il cambiamento dei comportamenti umani.
In questi due anni di lockdown e quarantene più o meno spinte si leggono ovunque articoli sul grande valore dell’edutainment (education + entertainment) digitale per bambini e il rapporto tra gioco e conoscenza, anche detta “gamification del sapere”.
Non c’è dubbio che il fenomeno ha radici antiche, grandi educatori tra suoi precursori ed ottime fondamenta accademiche, per esempio un approccio al gioco fu teorizzato già nel 1732 da Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori dei moderni Stati Uniti, a cui si deve una frase che forse racchiude il senso dell’edutainment:
“Dimmi e io dimentico, mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo”.
Anche i muri ci ricordano che senza divertimento e senza passione non c’è apprendimento. Verissimo, chi potrebbe negare il contrario? La passione, la curiosità, anche il divertimento in un certo senso, spinsero Ulisse ad oltrepassare le colonne d’Ercole e andare alla ricerca di nuovi mondi da scoprire.
Però attenzione a non cadere nella retorica spicciola, altrimenti non riusciamo a cogliere i lati distorsivi del fenomeno che parte con tutte le buone intenzioni, per poi finire ad arenarsi con i nostri bambini seduti ore su un divano a giocare alla Playstation.
Anche qui qualche chiarimento è d’obbligo: ci sono giochi, videogiochi, software che svolgono un ruolo molto importante nella crescita educativa dei nostri bambini; se oggi i bambini delle scuole elementari sono già“pronti” a seguire i loro maestri nello svolgere le cosiddette attività di Smart Learning è dovuto certamente alla capacità adattiva e alle competenze digitali acquisite per esempio giocando a code.org o a Minecraft.
D’altra parte però non possiamo far finta di non vedere alcune nubi scure che si addensano sulle nostre teste e su quelle dei nostri bimbi:
l’enorme giro d’affari sul mondo dei videogiochi e dell’intrattenimento per bambini e ragazzi
l’abdicare da parte dei genitori del loro ruolo di guida e supporto
l’enorme deficit di attenzione di cui soffrono le giovani generazioni (e non solo)
Partiamo dal primo punto, la montagna di soldi che gira intorno al mondo dei gamers. Sono un imprenditore e quindi non posso demonizzare le tantissime ottime aziende che fanno innovazione e spingono l’asticella sempre più in alto, ma sono anche un genitore e so che se non governo il fenomeno mio figlio verrà completamente rapito dal meccanismo. Altra conseguenza ovvia che però va tenuta in considerazione è che l’industria della gamification e dell’edutainment (così come qualsiasi altra industria) lavora per legittimare ciò che produce, per promuovere i propri servizi, per convincere quante più persone è possibile a convertire i propri comportamenti per diventare suoi clienti. Non sto dicendo che vengono veicolati messaggi sbagliati o non veritieri, dico però che se lo spot della Coca Cola tenta di convincerci a bere una bevanda gassata al gusto di cola, ciò non elimina le spiacevoli conseguenze di un consumo eccessivo.
Questo ci porta dritti dritti al punto: qual è il ruolo che noi genitori siamo chiamati a svolgere?
Beh a questa domanda ognuno di noi deve rispondere in base alla propria condizione familiare, non esistono scelte giuste o sbagliate a priori. C’è chi è entusiasta che il proprio figlio sia un’eccezionale videogamer. C’è chi preferisce sedere i bambini sul divano davanti alla Playstation.
E c’è chi – senza negare l’importanza di crescere nuove generazioni capaci, pronte, smart – pensa che il miglior Edutainment, inteso come intrattenimento educativo e forma di intrattenimento finalizzata sia a educare sia a divertire, sia leggere un buon libro!