“Negli Stati Uniti hanno costruito Flushing Meadows in 8 mesi: lo stesso tempo che occorre in Italia affinchè una pratica passi da una scrivania ad un'altra.”
Rino Tommasi
Ci sono tante cose che è possibile dire sugli USOpen appena terminati. E tantissime se ne diranno ancora nei prossimi tempi, grazie ad un ragazzo color carota che ci sta facendo letteralmente impazzire.
Da appassionato dello sport del diavolo, di sfide all’Arthur Ashe Stadium ne ho viste tante, ma quella di ieri sera ha unito alcuni puntini come mai successo prima. Un ragazzo perbene, educato, tranquillo, ma determinato, talentuoso, incredibilmente bravo. La mia età che oramai non può più essere considerata giovanile, nonostante in Italia si è giovani per sempre, come se invecchiare non fosse una benedizione. Una frase della mitica Billie Jean King che per l’occasione si è fatta fotografare insieme a un altro mito dell’infanzia Andre Agassi.
Siamo la generazione che rigetta lo stress e prova a scappare dal burnout. Ma siamo anche quella delle mail a qualsiasi ora del giorno e della notte. E quindi dello smart working e del work life balance, perché la vita è una sola, lo sappiamo, però ho quella task da chiudere per domani.
Insomma siamo la generazione di quelli che ci stanno capendo veramente poco.
Dal mio piccolo osservatorio - faccio impresa da quasi vent’anni e insegno da un decennio - ho capito che non esistono le formule magiche. Le abitudini salutari che ti cambiano la vita, ti svegli alle 5 del mattino e va tutto liscio. Così come ho capito che il successo è un parametro molto soggettivo e l’avidità è un parametro che altera il giudizio.
Ma una linea dobbiamo tracciarla. Altrimenti cosa ci sbattiamo a fare? Perché studiamo, cresciamo, impariamo, lottiamo? I soldi non sono mai la risposta.
La pressione è universalmente considerata una cosa negativa e ovviamente la nostra tendenza è provare ad evitarla. Per la generazione attuale 30/50 rappresenta una componente complessa, quasi inevitabile, sempre presente nella nostra quotidianeità. Anch’io, come tutti, detesto trovarmi sotto pressione e non conosco nessuno a cui piace esserlo. D’altra parte non posso che considerarmi fortunato a vivere certe sensazioni, seppur non piacevoli.
Per vivere i momenti che ho sempre desiderato vivere devo accettare lo stress. Per trovarmi nei posti per cui mi sono tanto impegnato ho dovuto vivere momenti di grandissima pressione. La pressione è un privilegio perché ci consente di dare uno scopo a quello in cui crediamo.
È ovvio e più che naturale che mi tremano le mani prima di entrare all’Arthur Ashe Stadium per giocare la finale degli US Open. Mi viene da vomitare. Vorrei scappare. Sudo freddo e le gambe non reggono. Ma se non provassi tutto questo, oggi non sarei qui a giocarmi uno Slam.
La pressione è un privilegio. La pressione però è anche una scelta. Perché l’obiettivo da raggiungere è una nostra scelta. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Dobbiamo esserne pienamente consapevoli.