Stessa storia, stesso posto, stessa Search
Un viaggio anche un po' nostalgico dagli inizi della Search alla nuova Big Wave potenziata dall'intelligence artificiale. Come cambierà Mister Google? Cambiera?
Sarà che sto vedendo la serie “Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883” e sono per questo particolarmente nostalgico e sensibile, ma noi che abbiamo iniziato a vivere la rete a cavallo tra i due millenni e siamo cresciuti a pane e motori di ricerca, abbiamo molto bene impressi i ruggenti anni ’90: una giungla digitale dove Altavista, MSN, WebCrawler, Yahoo, Arianna e Virgilio lottavano per conquistare la scena e gli intenti di ricerca degli utenti.
Eppure, nonostante tutto e tutti, il vero RE dei motori di ricerca, unico e incontrastato, è sempre stato uno soltanto: Mister Google!
Tante volte G è stato dato per spacciato, ma ancora di più sono le volte che è risorto, diventando parte integrante e predominante delle nostre vite. Forse non ce ne rendiamo neanche conto, ma l’impatto che Google ha avuto negli ultimi decenni sulle nostre vite è di proporzioni tali da sfuggire alla percezione quotidiana.
Saranno probabilmente gli storici, tra qualche decennio, a delineare con esattezza il ruolo che Google ha avuto nell’evoluzione della civiltà umana.
Come noi oggi citiamo Gutenberg e la Stele di Rosetta, i ragazzi del 2100 parleranno di BackRub, del PageRank e di Larry Page e Sergey Brin. Ma queste cose le sappiamo, niente di nuovo sotto al sole. Così come sappiamo che prima o poi, come ogni altro fenomeno umano, anche la Google Search andrà a scemare. Perderà il suo slancio, verrà compromesso da agenti esterni, le esigenze e i problemi cambieranno e nasceranno nuove risposte che creeranno nuovi strumenti.
Quello che non sappiamo è quando tutto questo accadrà: quanto manca a un vero cambio di paradigma?
Certo, Google ha sempre fatto largo uso di AI nei suoi innumerevoli servizi; ma oggi, con strumenti come ChatGPT o Perplexity AI, si apre uno scenario davvero nuovo e dirompente: una ricerca AI-powered (potenziata dall’intelligenza artificiale), concepita fin dall’inizio per generare risposte su misura invece di elencare link.
Ma davvero possiamo fare a meno di Google?
Nel 2022, l’irruzione sulla scena di ChatGPT ha spinto tantissimi “esperti” (immaginate le dita che fanno le virgolette) a predire che OpenAI avrebbe prestissimo “sconfitto Google sul suo stesso campo.” Un’idea a mio parere miope, perché non si può immaginere un cambiamento rivoluzionario se si continua a guarda il mondo con la lente del motore di ricerca tradizionale. Google infatti non è solo una SERP con dei link in una pagina: è un ecosistema fatto di crawling, indicizzazione, ranking e, soprattutto, di pubblicità, un mondo enorme e consolidato, che ha reso il colosso di Mountain View incredibilmente ricco e potente.
Paradossalmente, è proprio l’abnorme bacino pubblicitario a rendere così difficile un cambio di rotta: abbandonare la formula storica significherebbe cannibalizzare il suo stesso core business. E quando in ballo ci sono miliardi di dollari, le rivoluzioni non avvengono certo dall’oggi al domani.
E quale sarebbe la vera novità?
Beh, se chiedi qualcosa a un sistema AI, non ti trovi davanti la solita sequenza di link blu tanto cari a Tim Berners-Lee e Robert Cailliau, ma risposte elaborate in tempo reale, generate da sofisticati algoritmi e reti neurali profonde. E la differenza si percepisce subito: una volta provata la ricerca AI, tornare al caro vecchio “stile Google” non è affatto semplice.
Eccola la vera novità:
un motore di ricerca AI-powered invece di restituire soltanto link pescati in un indice, genera risposte in tempo reale.
Questo passaggio si può riassumere così:
da crawling a generazione: invece di cercare un documento già esistente, il sistema elabora una risposta personalizzata;
da indice statico alla RAG (Retrieval-Augmented Generation): un motore AI può consultare fonti curate per poi creare un testo ex novo ogni volta, riducendo errori e allucinazioni;
dal ranking al reinforcement learning: si passa dal cercare di posizionare le pagine in una lista ordinata, all’addestrare l’IA a fornire risposte di qualità grazie a tecniche come il reinforcement learning con feedback umano.
Per un utente comune, l’esperienza è molto più simile a un dialogo che a una semplice ricerca. Faccio una domanda, ricevo subito una risposta già contestualizzata, chiedo un chiarimento, e l’IA affina ulteriormente il risultato. Mi ritrovo così con informazioni mirate che da solo, saltando di link in link, forse non avrei mai scoperto.
Il salto di qualità è netto:
risposte immediate e su misura: invece di saltellare fra ille link, l’AI elabora e restituisce l’essenza dell’intento di ricerca;
approfondimento: l’AI mostra sfumature e angolazioni a cui, in autonomia, l’untente non sarebbe giunto;
esperienza realmente esplorativa: la macchina propone strade alternative, dando vita a un dialogo che evolve man mano che vengono fatte nuove domande.
Non stiamo parlando di un miglioramento del 2-3%, ma di un cambio radicale. E chi prova la ricerca AI spesso fa davvero fatica a tornare indietro ai motori tradizionali.
Messa così, la Google Search come l’abbiamo conosciuta negli ultimi vent’anni sembra ormai vicina al proprio limite naturale.
Ora che la ricerca sta diventando sempre più AI-powered, la classica pagina con i i (più o meno) dieci link blu, gli annunci sponsorizzati e le schede Shopping pare destinata gradualmente a trasformarsi in un ecosistema ibrido: un sistema dove le risposte vengono generate in tempo reale, le fonti sono accuratamente certificate, e l’intelligenza artificiale è in grado di dialogare con noi in modo interattivo.
Cos’altro dire? Booom 🤯
È evidente che si tratta di un passaggio che segna di fatto uno spartiacque tecnologico, culturale, sociale e ovviamente anche economico e professionale. Pertanto la vera incognita non è se Google cambierà pelle, ma quando arriverà il momento in cui la AI-powered search diventerà la nostra normalità.
Potrebbe volerci qualche anno o magari soltanto pochi mesi di adozione massiccia per innescare un effetto valanga.
Quello che possiamo affermare con serenità è che il paradigma di Google, basato esclusivamente su crawling, indicizzazione e ranking, non potrà reggere ancora a lungo ai nuovi modelli di intelligenza artificiale generativa. Sarà quindi davvero interessante vedere come Mister G riuscirà a riposizionarsi, poiché certamente non sparirà da un momento all’altro dal mercato: potrebbe focalizzarsi su altre linee di business o reinventare - e non mi meraviglierei affatto - la propria visione di ricerca e quindi anche la nostra.
Nel frattempo, noi restiamo alla finestra, con quella curiosità un po’ nostalgica di chi è cresciuto a pane e motori di ricerca, sapendo che prima o poi - più prima che poi a mio modesto parere - arriverà un nuovo enorme cambiamento.