It’s easier to go viral on Facebook with a photo of a hamburger than an article by a Noble laureate.
Ha davvero molta ragione Ted Gioia nel suo splendido articolo “Why did social media go to war against writers?”. La linea è tracciata. Le piattaforme social guadagnano più dalle foto di gatti che dai contenuti di qualità che richiedono impegno, competenze e tempo. Mentre navighiamo sul web o scorriamo i social ci capita sempre più spesso di avvertire l’impressione che ci sia qualche forza esterna che ci spinge verso luoghi, spazi e discussioni che non ci interessano per davvero. Contenuti trash, di bassa qualità o distanti da noi. Beh non è un’impressione, è esattamente così.
Lo sappiamo, ne siamo consapevoli e come tutti diamo la colpa all’algoritmo. Ma attenzione, è un errore. L’algoritmo non ha alcuna responsabilità, è un pezzo di codice, banale tecnologia. Non è buono o cattivo. Semplicemente c’è qualcuno che lo disegna così!
Dobbiamo fare lo sforzo di risalire alla fonte. Chi ha scritto quel codice? Il problema fondamentale è identificare chi o cosa gli algoritmi stanno realmente servendo. Anche qui abbiamo un colpevole: gli inserzionisti! Gli algoritmi sono al servizio degli inserzionisti. E ancora una volta commettiamo un grave errore. Perché se è vero che gli inserzionisti e la pubblicità sono le leve fondamentali per mantenere in vita le piattaforme social, è anche vero che c’è qualcun altro di ancora più importante: gli utenti, cioè noi.
La verità è che gli algoritmi sono al nostro servizio e siamo noi che li alimentiamo.
Gli algoritmi hanno il compito di catturare la nostra attenzione, devono vincere un gioco incredibilmente competitivo offrendoci contenuti che ci inducono a fare clic, guardare, scrollare compulsivamente, minuto dopo minuto. Il grande nemico, il cattivo della storia, il mitico Blofeld di James Bond che accarezza il gatto nella penombra siamo noi.
O meglio, la versione peggiore di noi. Quella che vuole procrastinare, staccare la spina, ingozzarsi di schifezze sul divano invece di andare a correre all’aria aperta.
Immagina invece come potrebbe cambiare la tua visione del mondo, se ogni volta che ti colleghi sei accolto da contenuti che arricchiscono la tua mente e il tuo spirito. Pensa a come sarebbe se, ogni giorno, fossi ispirato, motivato e rinvigorito dalle informazioni che ricevi, piuttosto che sentirti demotivato o demoralizzato. Rifletti su come potrebbero trasformarsi le tue relazioni se la tua mente si svuotasse da informazioni inutile e ridondanti. In un mondo digitale così strutturato, non solo il benessere mentale ne trarrebbe beneficio, ma anche la vita in generale potrebbe diventare più significativa e soddisfacente.
GOAL: less time online, but better.
Per questo il mio consiglio è di rivedere completamente la propria vita online, i luoghi social che frequentiamo, i testi che leggiamo e i contenuti con cui alimentiamo le nostre giornate. Come qualsiasi dieta alimentare, anche la nostra vita digital ha bisogno di essere regolata.
E quindi è arrivato il momento per sperimentare utilizzi alternativi del nostro tempo digitale:
abbandono totale di Twitter/X e TikTok
riduzione drastica di Facebook e Instagram privilegiando i gruppi e gli spazi tematici di qualità
maggiore utilizzo di LinkedIn (sicuramente più equilibrato delle precedenti piattaforme) per le relazioni professionali
Kindle Unlimited: a cui sono iscritto da anni ma adesso hanno aggiunto riviste bellissime
Chess e il magico mondo degli scacchi
e ovviamente vero disruptive social e rivelazione degli ultimi tempi
E tu che cosa ci metti nella tua Dieta Digitale per renderla più sana?