La Generazione Ansiosa / The Anxious Generation di Jonathan Haidt
Una guida per i genitori nell'era digitale: come proteggere i nostri figli dagli effetti negativi della tecnologia e restituire loro un'infanzia autentica e ricca di esperienze reali.
Chi mi segue sa bene che ultimamente sto dedicando grande attenzione all’impatto dell’utilizzo dei dispositivi tecnologici e in particolare dei social media hanno sui bambini e sugli adolescenti.
The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood Is Causing an Epidemic of Mental Illness (in Italia a settembre 2024 La Generazione Ansiosa: come i social hanno rovinato i nostri figli) di Jonathan Haidt, psicologo sociale e coautore del bestseller del New York Times, è un libro per certi aspetti illuminante, altri disturbante, perché ci impone, soprattutto a noi genitori, di agire, riflettere su ciò che sta accadendo, uscire dalla nostra zona di comfort. Per questo e tanti altri motivi ho deciso di approfondirlo e di riportare qui i punti che ritengo più interessanti.
"The kids aren't alright," and it's on us — parents, adults, leaders, all — to wake up from our collective inaction, see what's happening, and act.
Se partiamo da questa affermazione, cioè che “i ragazzi non stanno bene” e che spetta a noi - genitori, adulti, leader, tutti - svegliarci dalla nostra inerzia collettiva e vedere cosa sta succedendo e agire, dovremmo essere tutti abbastanza d’accordo sull’assioma che concedere lo smartphone e soprattutto l'accesso ai social media ai bambini e ragazzi, non è positivo per il loro sviluppo.
Ma facciamo un passo indietro. Il libro si apre con una metafora che ha l’obiettivo di farci capire i rischi che corrono i nostri figli con l’uso precoce e incontrollato delle tecnologia digitali. Eccola:
immagina che tua figlia di dieci anni venga scelta per andare su Marte, un pianeta affascinante ma pieno di pericoli e incertezze. Anche se l'idea può sembrare emozionante, Marte è un luogo ostile, dove la vita come la conosciamo non è possibile. Mandare un bambino lì significherebbe esporlo a rischi enormi, senza sapere se potrà mai tornare indietro sano e salvo.
Questa situazione è simile a quella che affrontiamo quando permettiamo ai nostri figli di usare smartphone e social media senza una guida adeguata.
Il mondo digitale è come Marte: un ambiente nuovo e diverso, dove i bambini non sono naturalmente preparati a vivere. Lasciarli esplorare questo universo troppo presto significa metterli in pericolo, perché il loro cervello è ancora in fase di crescita e non è pronto ad affrontare tutte le sfide e i rischi che il mondo digitale comporta.
Proprio come non lasceremmo mai andare un bambino in un luogo pericoloso senza prima proteggerlo, dobbiamo fare molta attenzione a come e quando introduciamo i nostri figli nel mondo digitale. È importante essere consapevoli dei rischi e agire per garantire che crescano in modo sano e sicuro, senza essere sopraffatti da un ambiente per loro troppo complesso.
The environment in which kids grow up today is hostile to human development.
Haidt sostiene che la sostituzione di un’infanzia basata sul gioco con una basata sullo smartphone (transition from a “play-based childhood” to a “phone-based childhood”) abbia cambiato radicalmente il modo in cui i bambini crescono. Quando il gioco libero e indipendente viene sostituito dall’uso di dispositivi elettronici, creiamo un ambiente completamente diverso e per certi aspetti alienante per i bambini, un ambiente per il quale non sono evolutivamente preparati. Non sorprende quindi che non riescano a viverlo pienamente e serenamente.
I bambini hanno un bisogno disperato di gioco attivo con altri bambini per imparare abilità sociali e linguistiche, sviluppare capacità fisiche e sentirsi connessi agli altri.
L'infanzia è una sorta di scuola o apprendistato per imparare le competenze necessarie che serviranno successivamente per avere successo nella vita.
Tuttavia, questa esperienza viene ostacolata da genitori che, per paura (spesso irrazionale) del mondo reale, preferiscono tenere i loro figli al sicuro in casa, con l’illusione che i dispositivi digitali siano un'opzione più sicura. Questa “sovraprotezione nel mondo reale e sottoprotezione nel mondo virtuale” ha conseguenze devastanti per lo sviluppo dei bambini.
Haidt individua quattro conseguenze dannose causate da un’infanzia basata sullo smartphone, anziché sul gioco libero, attivo e partecipativo con altri bambini, che spiegano anche i problemi legati alla salute mentale:
Deprivazione sociale: gli adolescenti americani passano molto meno tempo di persona con i loro amici.
Deprivazione del sonno: la quantità e la qualità del sonno sono diminuite drasticamente.
Frammentazione dell’attenzione: gli adolescenti ricevono centinaia di notifiche ogni giorno e questo fenomento indebolisce la loro capacità di concentrarsi.
Dipendenza: gli adolescenti utilizzano gli smartphone in modi che ricordano i giocatori d'azzardo alle slot machine, con conseguenze evidentemente gravi sul loro benessere e sulle loro relazioni sociali.
Differenze tra ragazzi e ragazze
Haidt osserva che questo tipo di sviluppo Phone-Based colpisce ragazze e ragazzi in modo diverso.
Le ragazze vengono particolarmente colpite dai social media, soprattutto se iniziano a usarli prima o durante la pubertà (11-13 anni, il periodo più delicato per la loro crescita psicofisica). Le ragazze infatti sono particolarmente esposte e vulnerabili ai social media per vari motivi:
sono più sensibili al giudizio estetico visivo e all’aspetto fisico rispetto ai ragazzi
l'aggressività delle ragazze è di tipo relazionale e le piattaforme social offrono loro un modo facile per “essere cattive”
condividono le emozioni più apertamente e sono più coinvolte emotivamente
I ragazzi, invece, seguono un percorso diverso, ma comunque preoccupante. Si allontanano dal mondo reale, sostituendolo con videogiochi e pornografia, con enormi ripercussioni sociali. Haidt sostiene che i ragazzi siano in declino dagli anni '70, con molti di loro che si sentono senza scopo e alla deriva in una società che spesso percepiscono come ostile. Il mondo digitale ha offerto loro opportunità di fare ciò che desideravano, come esplorare, competere, giocare alla guerra, ma tutto ciò ha avuto un costo: una profonda solitudine e una disconnessione dalla realtà, oltre alla mancata acquisizione di competenze reali.
Se guardiamo con attenzione le statistiche, i ragazzi adolescenti fino agli anni ‘80 erano il cluster più a rischio per infortuni come fratture di braccia e polsi; negli ultimi anni sono a minor rischio di infortuni rispetto agli uomini di mezza età. Perché? Semplice, perché non fanno più attività che potrebbero portare a cadute o infortuni, come andare in bicicletta o arrampicarsi sugli alberi. Sono invece chiusi nelle loro stanze a giocare ai videogiochi.
Una proposta / soluzione
Dopo aver descritto una situazione così preoccupante, Haidt offre però anche un piano d’azione concreto. Suddivide le responsabilità tra governi, aziende tecnologiche, scuola e genitori e sintetizza il tutto in quattro punti fondamentali. Se questi venissero attuati immediatamente, Haidt sostiene che riusciremmo a vedere un miglioramento significativo del benessere dei bambini e ragazzi in pochi anni:
Niente smartphone prima del liceo.
Niente social media prima dei 16 anni.
Niente telefoni nelle scuole.
Più gioco libero e indipendente.
Questi quattro punti mi trovano completamente d’accordo. Certo non è semplice realizzarli, ma anche secondo me sono la soluzione da perseguire. Ma non da soli. I genitori singoli hanno pochissime possibilità di indurre cambiamenti significativi.
“Kids and screens are a ‘collective action problem,’ and it’s up to all of us to solve it.”
Stiamo parlando di un fenomeno sociale, un problema collettivo, che va affrontato tutti insieme. Cosa significa esattamente? Significa che non basta che un singolo genitore, o anche una singola famiglia, prenda delle misure per limitare l'uso della tecnologia. È necessario che l'intera comunità si muova insieme, unendo le forze per proteggere i più giovani dagli impatti negativi della tecnologia.
Ogni genitore affronta questa sfida a modo suo, con strategie diverse per gestire il tempo che i figli trascorrono davanti agli schermi. Alcuni approcci funzionano meglio di altri, e confrontare le nostre esperienze - capire cosa ha avuto successo e cosa no - può aiutarci a trovare soluzioni più efficaci. Il dialogo è essenziale.
È un libro scomodo
Leggere The Anxious Generation / La Generazione Ansiona non è per nulla facile. Il libro ci mette di fronte a verità scomode. Spesso, come genitori, preferiamo la comodità, magari permettendo ai nostri figli di passare ore davanti all'iPad mentre siamo impegnati con il lavoro o a cena quando vogliamo rilassarci dopo una giornata di lavoro. Ma a quale costo? I nostri figli in questo modo non vivono quella libertà che noi abbiamo vissuto da bambini, un’infanzia fatta di esplorazioni, giochi all'aperto, in compagnia di altri bambini, mentre oggi sono iper sorvegliati quando affrontano il mondo reale e abbandonati ai rischi del mondo digitale.
Haidt invita i genitori e gli educatori a fare un passo indietro e a riportare i nostri figli a un'infanzia basata sul gioco (fisico e reale) e non sugli schermi. Questo significa passare più tempo all'aperto, fare tanto sport, lasciare che i giovani possano esplorare e giocare in libertà e autonomia, lontani dalle distrazioni dei dispositivi elettronici.
Grazie per la segnalazione, leggerò sicuramente il libro per approfondire le fonti da cui l'autore ha attinto per le sue tesi. Trovare un metodo collettivo è sicuramente un strada da percorrere, per quanto complessa. Anche Goleman, sul tema dell'educazione emotiva, spingeva sul fatto che tutto l'ecosistema intorno al bambino, dai familiari agli insegnanti, dai circoli ricreativi a quelli sportivi, adottino una linea condivisa di gestione delle emozioni. Da qualche parte bisogna iniziare ed il primo anello è sempre il genitore. Quindi ben venga condividere un certo tipo di consapevolezza, supportata da dati e studi concreti. Grazie ancora per il lavoro di sensibilizzazione.